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      Ferdinando III nel partire "diede contezza" alle popolazioni del motivo della sua partenza, dicendo che si allontanava dalle truppe napoletane che si accingevano ad entrare nella sua capitale, mentre il re di Napoli l'aveva assicurato del contrario. Il modo leale ed affettuoso col quale Ferdinando si rivolse ai sudditi, gli conciliò molte simpatie; e quando in numero di seimila, e forse anche meno, fra "veliti e lancieri" arrivarono i napoletani nei giorni 7 e 8 aprile, il popolo li ammirò "per l'eleganza delle montature e degli equipaggi," ma nessuno "confabulò con loro, perché truppa d'un re considerato nemico del Sovrano."
      Si volle soltanto distinguere la vetusta Sandrina Mari, la quale nel bel mezzo del ponte alle Grazie, alla vista d'un ufficiale napoletano piuttosto atticciato, gli si fece incontro, e fattolo scendere da cavallo lo abbracciò e lo baciò come un fratello, invitandolo a casa sua la sera stessa, per stringere anche più la parentela, senza preoccuparsi affatto della gente che sentiva e scuoteva il capo in aria di disprezzo.
      Il generale napoletano principe Pignattelli-Strongoli emanò subito anche lui un proclama, il quale ebbe il vanto almeno della cortesia.
      Egli negava al generale tedesco Nugent, che s'era imposto anche lui con un proclama ai soldati toscani perché lo seguissero, ed a quelli napoletani perché disertassero, il diritto di opporsi alle truppe di Murat.
      Costuidiceva il principe Pignattelli parlando del Nugent "ha commesso il più grande attentato contro il diritto delle genti, forzando un corpo di bravi italiani a mescolarsi coi suoi oltramontani per far la guerra ad altri italiani.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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