Intanto, alle prime colonne delle truppe austriache che eran passate da Firenze dirette a Napoli, andavano incontro sotto il comando di Guglielmo Pepe, il vanitoso e codardo generale, sempre nuovi soldati; ed era più di ogni altra "ammirata la guardia reale per bello aspetto, ricco vestimento e grida di libertà e di fede." Ogni drappello che partiva, il duca di Calabria lo passava in rassegna, ed incitava tutti con promesse e minaccie. Per fare anche più effetto, la Principessa sua moglie alla bandiera napoletana annodò la "lista dei tre colori." dicendo che quei ricami eran lavoro delle mani delle sue figlie. Ma i discorsi del Principe che salutava con parole marziali i soldati, come se quelle sole bastassero, perché dette da lui, a farli vincere, e la lista dei tre colori ricamati dalla Principessa, non portaron fortuna.
E come sempre, le sorti del regno e le speranze dei liberali andarono in fumo, per la incapacità dei generali e per la viltà boriosa del condottiero generale Pepe, che a Rieti, il 6 luglio, ingaggiò battaglia con gli austriaci, i quali s'accorsero subito con chi avevan che fare.
Per certi raffronti, la storia è la maestra più convincente.
Il general Pepe, causa principale del disastro, fu il primo dei fuggitivi; le milizie civili, nuove al combattimento, assalite "da un superbo reggimento di cavalleria ungherese," da prima trepidarono, poi fuggirono, trascinando con l'esempio qualche compagnia dei più vecchi soldati.
Solo il generale Ruffo, impotente a rattenere i fuggenti, con un piccolo drappello affrontò il vittorioso nemico, e dopo breve combattimento lo costrinse a battere in ritirata.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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