Attesa la gravità delle condizioni dell'infermo, l'arciduca Leopoldo non assisté alla consueta processione del Corpus Domini, alla quale, per antica consuetudine, il Granduca soleva prender parte.
Le cose andavan sempre di male in peggio. Alle cinque antimeridiane del giorno 18 fu affisso in anticamera il bollettino dei medici, annunziante "il pessimo stato del malato;" ed alle otto, dal parroco di Santa Felicita, Giuseppe Balocchi, venne amministrata l'estrema unzione continuando il Granduca ad essere in pieno conoscimento.
Frattanto il marchese Corsi andò in carrozza di Corte a partecipare all'Arcivescovo lo stato disperato del Sovrano, e ad invitarlo a venire a dargli la benedizione.
Alle dieci e mezzo monsignor Morali arrivò a Palazzo Pitti, ricevuto sul ripiano della scala dal ciambellano di servizio marchese Pietro Torrigiani, dal quale venne condotto nel quartiere del Granduca; e dal Maggiordomo maggiore, accompagnato al suo letto; quindi, vestiti dall'Arcivescovo i paramenti sacerdotali, diede al malato la benedizione in articulo mortis.
La Granduchessa ed i Principi ereditari, con l'arciduchessa Maria Luisa, erano riuniti nella stanza accanto alla camera di Ferdinando III in preda alla più viva costernazione. Ed affinché non mancasse mai il servizio di un ciambellano per la reale famiglia, attesa la gravità del caso, il principe Rospigliosi ordinò che uno di essi rimanesse fisso in anticamera; e che quando toccava l'ora del pranzo, non uscissero di Palazzo, ma andassero alla tavola delle cariche di Corte.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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