Il sistema quasi tradizionale del Magistrato civico, era furbesco quanto mai. Nel momento dell'entusiasmo deliberava sempre le feste, e votava le somme necessarie, protestando al graziosissimo Sovrano sensi di devozione e di attaccamento perfino esagerati; a sangue freddo poi, andando in lungo anche per degli anni, trovava mille gretole per far pagar quelle feste a chi se le era godute, perché non sì dicesse che "il pazzo fa la festa e il savio se la gode."
E per non parere proprio scrocconi, i signori del Magistrato, nel 25 novembre 1831, avendo sentito che lo scultore Ottaviano Giovannozzi proponeva alla Comunità di fare l'acquisto del busto in marmo rappresentante il Granduca, ordinarono che fosse acquistato a spese del Comune il detto busto "per il giusto prezzo" commettendo al Gonfaloniere di farlo determinare in quel modo che avesse creduto opportuno nell'interesse pubblico, per collocarsi nella sala delle loro adunanze.
Ed il giusto prezzo convenuto con lo scultore Giovannozzi fu di trentotto zecchini. Di fronte alle diciannove mila lire di debito condonato, il Magistrato ci poteva stare, e se ne fece onore con poco.
Ma il Ridolfi, il Rinuccini e il Capponi, che non avevano debiti da farsi pagare, appena tornato il Granduca cercarono di fargli conoscere il loro malcontento per il divieto del Governo, alla manifestazione di giubbilo da loro organizzata per il suo ritorno. Non avendo però ottenuta nessuna soddisfazione e venendo anzi essi a sapere che la polizia, diretta dal famigerato Ciantelli, presidente del Buon Governo, aveva addebitato quella dimostrazione "di mene rivoluzionarie e d'altri rei disegni," indignati più che mai che tal concetto si avesse dal Governo e dalla Corte di gentiluomini intemerati e fuori di ogni sospetto, indirizzarono una vibrata lettera al Granduca, con la quale il Rinuccini dava le dimissioni dal grado di maggiordomo della granduchessa Maria Ferdinanda, da Consigliere di Stato e da Ciambellano del Granduca medesimo: il Capponi da Ciambellano pure del Granduca, ed il Ridolfi, con lettera separata, dagli uffici di Direttore della Zecca e della Pia Casa di Lavoro.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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