Quivi erano alcune casette di povera gente, per le quali lo sterrato del vicolo teneva luogo di sala, e di qualche cosa di peggio. Di più c'era una concia, una fabbrica di candele di sego ed una stalla, dove si rimettevan le bufale in giorno di mercato. Passar da quel vicolo e non rimanere ammorbati, poteva ammettersi a un miracolo. E si chiamava Via del Gelsomino!...
Quasi difaccia, sulle mura, vi era una torricella alla quale si accedeva per una scaletta, dove si fabbricavano i fuochi d'artifizio, come in luogo meno pericoloso in caso di disgrazie.
Passata la Porta, e seguitando per le mura verso Borgo la Croce, c'era un tabernacolo sotto una specie di tetto, dove talora la sera alcune donnaccole andavano a dire il rosario. Verso Pinti, il cattivo odore si faceva anche più serio, cambiandone altresì l'origine. In un breve tratto c'era la fabbrica delle candele di sego: e non è possibile rendere con efficacia ciò che si provava dovendoci passare: e del pari, non era possibile comprendere come potevan fare a resistere quei disgraziati che stavan lì a far bollire nelle caldaie il grasso di manzo e lo colavano poi nelle forme di latta delle candele di varie grandezze. Era una cosa nauseante e ripugnante, che rivoltava addirittura lo stomaco. E dire che c'eran dei ragazzi che rimanevano incantati a veder far le candele, come se fossero stati in una profumeria! Ma più di tutti ci si spassarono poi i tedeschi, quando vennero in Firenze e che montavan la guardia alle porte, per quella loro ghiottoneria che avevano per il sego.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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