Costoro non avevan la pretesa esclusiva di vendere, ma s'adattavano anche a fare i baratti; ed era questa loro furbesca condiscendenza, che tirava nella rete i gonzi, i quali ci cascavano che era un piacere.
Per riuscir meglio nell'intento, quegl'imbroglioni avevano i loro manutengoli, o trucconi, i quali figuravano di contrattare uno di quelli orologi; e poi fingendo di non accomodarsi, si allontanavano. Allora un contadino si fermava e domandava anche lui il prezzo. L'orologiaro d'occasione mostrava un sacrilegio d'orologio che battezzava per un "Vacheron Costantin" e gli chiedeva trenta lire. Il contadino per non sbagliare gliene offriva venti; e il mercante quasi offeso gli voltava le spalle e se ne andava pił in lą, come per liberarsi, scandalizzato, dal contatto di quell'audace.
Il villano mortificato lo seguiva con gli occhi pieni di desiderio, non arrischiandosi ad avvicinarsi di nuovo per paura d'esser trattato male.
Allora un altro imbroglione, di balla col primo, usciva fuori e fermandosi dinanzi all'orologiaro gli offriva due lire di pił del contadino. Ma l'altro non accettava e andava pił in lą ancora. Il credulo villanzone fattosi coraggio tornava, e offriva ventiquattro lire: ed il truccone ripigliava in mano l'orologio, lo guardava e ne offriva ventisei, che venivano rifiutate.
Finalmente, aumentando qualche altro soldo, il contadino finiva per fare quel bell'acquisto di cui aveva luogo a pentirsi appena arrivato a casa.
Il bello perņ si era che il pił delle volte quegli orologi che parevan d'argento, non eran che d'ottone argentato!
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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Costantin
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