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      Di ogni piatto ne tagliava cinque spicchi; da una scodella piena di cacio di Roma grattato ne pigliava pulitamente con le mani un pizzicotto, li incaciava, e con un bussolotto bucato ci spruzzava il pepe e ne dava via ad un quattrino lo spicchio.
      Ma c'erano anche allora gli sciuponi, gli scialacquatori, i figliuoli prodighi, inconsideratamente golosi, i quali ne prendevano un piatto intero, che costava nientemeno che una crazia, ossia sette centesimi!... Questi dilapidatori si conoscevano a colpo d'occhio, perché spendendo una somma così ragguardevole, tutta in una volta, avevan diritto alla forchetta, oggetto di lusso e da persone veramente a modo. Gli altri - la plebe che ne prendeva uno spicchio soltanto - li mangiava con le mani e così parevano anche più saporiti!
      In meno di mezz'ora, Martino tornava via co' panieroni vuoti e colle tasche piene; perché spesso le piccole industrie bene indovinate, con un capitale di tre o quattro lire, danno un guadagno da campare una famiglia intera. Martino con dieci paoli di capitale ne guadagnava altrettanti.
      Finalmente la ritirata era quella che dava la chiusa alla baldoria di tutta la giornata. Mezz'ora prima delle ventiquattro venivano i tamburini e i pifferi - preceduti dal capo tamburo - e le trombe dei dragoni e dei cacciatori a piedi - quelli chiamati fior di zucca - dirette dai capitromba. Il capotamburo, che aveva il grado di sergente maggiore e che apparteneva ai fucilieri, prendeva il comando di tutta la batteria.
      Pochi minuti prima delle ventiquattro usciva fuori la guardia, ossia la compagnia che montava in Palazzo Vecchio, ed allo scocco dell'Ave Maria si metteva a rango per la preghiera.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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