L'uffìciale faceva il saluto con la sciabola, e i soldati col fucile a pied'arm e la mano sinistra al casco, stavano in posizione, mentre la batteria dei tamburi faceva tre rulli.
Tutto il pubblico si levava il cappello e diceva - o figurava di dire - privatamente l'Angelus Domini. Terminata la preghiera, i tamburi davano un rullo prolungatissimo, che faceva rimaner senza fiato. Quindi il capotamburo per fare il bravo buttava in aria la mazza col grosso pomo d'argento, come quella dei guardaportoni, e ripigliandola e facendola roteare rapidamente come se fosse stato un fuscello, si metteva alla testa della batteria. I tamburi, i pifferi e le trombe, alternandosi a vicenda, suonavano la ritirata e marciavano tutti compatti in avanti; quindi facendo una conversione a sinistra giravano attorno alla piazza, e dopo compiuto il giro si fermavano nel mezzo. Allora ogni batteria di tamburi e di trombe se ne andava al proprio quartiere, preceduta da una turba di monelli, che facevan la strada a forza di salti e di capriole, seguita dai soldati e dai soliti curiosi e bighelloni.
Con la ritirata, la Piazza del Granduca rimaneva deserta fino alla mattina seguente.
Sotto la tettoia della Posta, la festa in tempo di pioggia o quando il sole scottava a buono, dalle undici alle due, era il ritrovo degli ufficiali e degli eleganti, che vi si davano appuntamento. E di lì passavano le signore e le giovinette che prima d'andare a desinare facevano la rituale ed obbligatoria passeggiata di Via de' Calzaioli, per vedere e farsi vedere.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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Angelus Domini Piazza Granduca Posta Calzaioli Terminata
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