Il sabato santo pure era giorno di gran mostra; ma più specialmente dei macellari, che mettevano quindici o venti manzi squartati in fila uno dietro all'altro, legati alle pulegge e pieni di fiori di carta, e ornati di foglie di lauro; al soffitto e alle pareti, agnelli sparati, e coratelle pieni essi pure di fiori di foglio, e teste di vitella con una mela in bocca; e ogni cosa illuminato al solito fantasticamente e affumicato parecchio.
Questo, su per giù, era il Mercato Vecchio, che variava a seconda delle stagioni, ma che nell'insieme si manteneva lo stesso. Nessuno dei più vecchi aveva ricordo d'aver visto le strade di Mercato asciutte, nemmeno nei solleoni! Ma era caratteristico, era curioso e pittoresco. Si vedeva, si ritrovava sparsa qua e là l'antica grandezza di Firenze. In quei vicoli sudici e bui, le fabbriche deturpate e alterate da aggiunte dei secoli precedenti, conservavano sempre in qualche parte la primitiva eleganza, la vecchia struttura medievale così bella, così semplice e così severa. Ad ogni passo ci si imbatteva in un mirabile ricordo: il bellissimo tabernacolo del quattrocento e la superba porta della residenza dell'Arte degli Albergatori in Via dei Cavalieri; quella dell'Arte de' Rigattieri sulla Piazza di Sant'Andrea; gli stemmi dell'Arte degli Oliandoli in Piazza del Monte di Pietà nelle case dei Lamberti, ed un'infinità di cose pregevoli e stupende, che nessuno guardava e di cui nessuno si curava.
Soltanto i forestieri si dilettavano di penetrare in quei vicoli e in quelle luride stradicciuole ad osservare tanta ricchezza d'arte, tanta profusione di ricordi negletti e abbandonati.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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