Quando poi tornavano "gli uomini" allora ognuno se ne andava a casa sua e cenava tranquillamente.... se in famiglia non c'eran questioni, che generalmente, pareva impossibile, si serbavan sempre a tavola.
La festa si desinava alle due, e dopo la girata, le donne coi bambini andavano in qualche chiesa alla benedizione, verso le ventiquattro, oppure alla Madonna delle Grazie, quel chiesino a piè del ponte, di faccia a Via de' Benci che oggi non esiste più, dopo che il ponte alle Grazie è stato completamente rifatto. La sacra immagine però è stata trasportata in una piccola Cappella del Lungarno lì prossimo. Sulle pile del ponte, v'erano delle casupole; in una di quelle nacque il poeta Benedetto Menzini e in un'altra il pittore Gaetano Bianchi, restauratore d'affreschi. Dopo cena si giuocava a tombola e si facevan le bruciate se non le portava il damo alla dama, che ne faceva parte a tutti. L'estate poi la passeggiata o le scampagnate eran lungo il Mugnone sugli argini, dove spesso alcune comitive andavano a far merenda; in Boboli, o nel Giardino de' Semplici, o al Poggio Imperiale.
I "lavoranti," quelli che oggi si chiamano operai, da novembre a quaresima vegliavano nelle botteghe fino alle otto. Anticamente, appunto nella stagione d'inverno, giravano per le strade col carretto una quantità di venditori di peperoni e di lupini nelle zangole, che misuravan col romaiolo di legno. E quando quelli delle botteghe che erano a veglia, sentivan gridare: - I' ho' peperoni! Salati, ma boni!
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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