- uscivan fuori a comprarli e mangiando i lupini trovavan più presto l'ora di far festa. E anche dalle case uscivan fuori le donnicciuole a comprare i peperoni, i ramolacci della Font' all'erta - tra San Gervasio e San Domenico di Fiesole - i più rinomati per mangiarsi col tonno; o i lupini, che a molta povera gente, specialmente per chi aveva dimolti figliuoli servivano di cena.
Per le strade, fra giorno, i ciechi giravan per Firenze con la chitarra ed alcuni col violino cantando la storia della Samaritana, di Sansone, di Marziale che nacque con due denti, della Gnora Luna, di Brandano, la Strage degl'Innocenti, la Fuga in Egitto o il Canto d'Erminia della Gerusalemme del Tasso, tutto quanto sapevano e veniva loro in mente. Le donne davano a quei ciechi, piuttosto noiosi e importuni, perché molti eran ciechi autentici, ma molti altri facevan da orbi e ci vedevan meglio degli altri, le seggiole e quelli delle botteghe i panchetti; e dalle finestre buttavan loro un quattrino rinvoltato in un foglio.
La sera dell'ottavario dei morti si mettevano due ciechi da un capo all'altro della strada rispondendosi cantando i Sette Salmi o altre divote preci per le anime del Purgatorio; e allora il quattrino glielo buttavano in un foglio acceso, perché vedendo il bagliore lo raccattassero. C'erano anche quelli che giravano con dei tabernacoli con qualche Cristo o Madonna miracolosa, e si mettevano a decantare quei miracoli che spesso eran così grossi - come un tale che faceva piangere un Cristo di legno, e di quando in quando anche sudar sangue - che i birri gli portavan via e li mettevano al bargello senza che il Cristo facesse il miracolo di liberarli.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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