In Firenze, per coloro che potevan fare delle spese di lusso, c'era l'abitudine d'andare ai bagni della Porretta o a quelli di Livorno; e quando tornavano da quest'ultima città, portavano una quantità di roba acquistata a prezzi favolosamente bassi, perché essendovi colà il portofranco, non v'era dazio di sorta. Per conseguenza, quando si vedeva dagli amici di casa o dai conoscenti quella roba, pareva venuta dall'altro mondo, tanto era diversa dalle cose usuali che si compravano a Firenze, e che costavano il doppio.
Molti vi andavano anche apposta, e s'adattavano a un viaggio di due giorni in carrozza, per comprarsi i vestiti da inverno o da estate a seconda della stagione, perché oltre al gran risparmio c'era la novità del disegno e della stoffa da parer roba che non la potessero aver che i signori.
Quelli del popolo che erano appassionatissimi per il nuoto, e che non potevano andare ai bagni di Livorno o della Porretta, facevan di necessità virtù e si contentavano di quelli d'Arno. Le località non mancavano; ed una delle più frequentate era la Vagaloggia, fuori della Porticciuola del Prato, dov'erano le molina, che rimanevano precisamente di fronte dov'è oggi il palazzo Favard.
Ai bagni della Vagaloggia si entrava dalla Porticciuola; e voltando subito a sinistra, ove erano i molini, si trovava una specie di viottolo fiancheggiato da piante d'arancio selvatiche, ed altri alberetti. Arrivati in fondo, c'era una piazzetta dalla quale s'entrava in uno stanzone, alle cui pareti in alcuni punti per i più ambiziosi, che dopo fatto il bagno volevano pettinarsi, v'erano dei pettini di legno da cavalli, legati a una corda attaccata a un arpione, perché non li portassero via.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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