... non è nulla, caro sor Aringhe! - e allora quel disgraziato a sbraitare e urlare finché poi non gli toccava a uscire; perché, chi gli girava la lucerna, chi gli tirava le falde e chi gli dava dietro nei ginocchi per fargli piegar le gambe, nei momenti in cui si dava importanza e si stizziva più che mai.
Quando finalmente alle otto compariva il gobbo Masoni in orchestra, e si accendevano quegli altri dieci o dodici lumi, allora era un pandemonio addirittura. Urli, fischi, applausi, tanto per far fracasso, in mezzo al quale si distingueva suscitando le più grandi risate, la nota acuta di qualcuno di quei soliti sospiri. E fosse finita lì!... Basta, non ne parliamo.
Ad un tratto si sentiva urlare: - So' Masoni ! la soni!... e qualcuno più sfacciato lo chiamava gobbo senza tanti complimenti.
La rappresentanza non consisteva soltanto in una commedia o in una farsa. Abitualmente ci eran cinque o sei cose. Un dramma in sei o sette atti; la pantomima; la farsa, il balletto, e magari la lotta!
Infinite erano le interruzioni, le esclamazioni, le approvazioni, le ingiurie, gli improperii e le invettive ai personaggi del dramma o della commedia. Quando c'era sulla scena un re tiranno, era un continuo gridare: - Ammazzalo! ammazzalo!... - Se poi in qualche pasticcio intricatissimo dove nessuno raccapezzava nulla, avveniva che si cospirasse ai danni di qualche vittima, tentando di avvelenarla col mezzo di una bevanda, il pubblico frenetico, come se si trattasse di cosa vera, urlava: - Un lo bere, c'è i'veleno!
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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Aringhe Masoni Masoni
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