Dopo quell'anno non trovandosi più nessuno che volesse far da Giove, la Befana solenne fu abolita, e non rimasero che le altre spicciole messe alla finestra nei Camaldoli di San Lorenzo, in Via Romita, in Via Chiara, nel Gomitolo dell'Oro, dalle Fonticine, e in Via Panicale. Quelle, le lasciavano stare anche per tutto il giorno dell'Epifania, con gran gioia dei bambini e dei ragazzi che vedevano nella befana la fata benefica che aveva loro riempita la calza di marronsecchi, di farina dolce e del consueto tizzo di carbone per far la burletta.
Al giorno d'oggi, per far la burletta ai ragazzi ci vuol altro; perché son giusto peggio del carbone: o tingono o scottano!
E con la Befana si entrava in pieno carnevale.
In antico, il carnevale di Firenze era dei più brillanti e dei più rumorosi. Fin dal tempo dei Medici eran famose certe mascherate fatte dagli stessi componenti di quella corrotta e fastosa famiglia, che insieme a coloro della loro parte, andavan per la città fino a notte inoltrata, con suoni e canti, e lumi di torce "come se fosse di pieno giorno." Non erano stati ancora inventati i corsi delle carrozze; ma la baldoria e il chiasso che si faceva per le vie, riducevan Firenze in quei giorni la città più spensierata e più gaia del mondo.
C'era invece l'uso, di carnevale, d'andar col pallone in Mercato Nuovo, dov'erano le botteghe dei mercanti di seta e di drappi; ed in Mercato Vecchio, tra' ferravecchi e tra' venditori di pannilani. I giovani delle migliori famiglie prendevan quasi tutti parte a questa gazzarra del pallone, andando mascherati in mille fogge.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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