Nella vita ristretta di quei tempi, nei quali quasi tutti si conoscevano, - e si sapevano anche i fatti altrui benché non ci fosse che un giornale o due che pochi leggevano - tutte le cariche, tutte le autorità, tutti gli impiegati erano noti; e quelli che più si mettevano in evidenza, o per vanagloria o per dovere d'ufficio, diventavan, per così dire, di dominio pubblico. Tra questi era celebre in Firenze il capitano Serrati, un avanzo delle guerre napoleoniche, un omiciattolo piccino e tutto rabbia, il quale, avendo acquistate abitudini marziali nella sua lunga carriera, ed insofferente d'una vita così meschina come quella dell'Ufficiale di Piazza, andava a nozze tutte le volte che gli si presentava l'occasione di montare a cavallo. Per conseguenza, i corsi delle carrozze eran per lui giorni di gloria. Prepotente e rogantino per natura, spiegava un'autorità, un' energia ed un sussiego fuor di luogo. Il popolo lo prese subito in uggia per quel suo fare ridicolo, e cominciò a canzonarlo ad alta voce quando passava, senza che egli, che si voltava indispettito ad ogni apostrofe che lo pungeva, potesse mai scoprire chi lo dileggiava così; perché mentre si voltava da una parte, si sentiva dire un'impertinenza dall'altra, e risate da non averne idea. E lui ci s'imbizziva e sgranava quegli occhietti di fuoco, come se avesse voluto fulminare la folla.
L'uniforme degli antichi Ufficiali di Piazza era una giubba corta, turchina, con faldine lunghe e strette; ed il capitano Serrati, l'omino rabbioso che caracollava un mite destriero, quando trottava tra le file delle carrozze le falde gli svolazzavano e gli battevano sulla sella; perciò i fiorentini, così arguti, gli misero il soprannome di Battifalde, e non fu quasi più conosciuto per il capitano Serrati.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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