Erano famose le rabbie che Battifalde prendeva durante il corso quando qualcuno tentava d'uscire o di voltare; tanto più che molti cocchieri glielo facevano apposta. Ma è altresì vero che egli era troppo rigoroso ed usava modi provocanti ed alteri: per causa sua, per il corso di San Giovanni, dal Ponte alla Carraia per un'angheria da lui fatta ad un cocchiere, poco mancò che non nascesse una sommossa, la quale si convertì in una burletta. Mentre quel guerriero indomito pareva sfidar l'ira della folla e si dimenava e si sbracciava, da una mano ignota gli fu assestato un tal lattone sulla lucerna, che gli messe dentro anche il naso. Da tutte le parti si cominciò a gridare: "Dài a Battifalde, dài, dài...." Mentre l'infelice assordito dai fischi e dagli urli durava una fatica enorme a levarsi la lucerna, il dragone d'ordinanza non sapeva che cosa fare, perché la folla lo aveva messo anche più distante dei dieci passi di prammatica; per conseguenza rimase lì fermo tra le carrozze, senza potere andare né innanzi né indietro. E qui nuove irrisioni e nuove risate.
Quando una delle domeniche del carnevale cadeva nel due di febbraio, giorno della Purificazione di Maria, o della Candelaia come comunemente si dice per simboleggiare la Madonna che andò in santo, era proibito il corso delle carrozze e le maschere non potevano uscire prima delle ventiquattro.
Fin dal secolo passato c'era l'uso nei giorni nei quali aveva luogo il corso delle carrozze, del passeggio delle maschere sotto gli Uffizi da mezzogiorno alle due.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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