I più scapestrati si divertivano a divider quelle disgraziate, spingendo i poveri villani, vittime sempre di quelli scherzi.
Ma la burla più feroce era quella della cucitura, che si rinnovava nelle Novene di Ceppo e ogni qualvolta nelle chiese v'era concorso di molte persone di sesso diverso. Certi monelli, sbarazzini finché si può dire, sgattaiolavano fra la gente, e d'accordo coi grandi che li paravano e all'occorrenza difendevano, nel momento della colombina, mentre tutti quei tarpani stavano a bocca aperta a vedere se andava bene, se strisciava lesta senz'inciampi, per trarne il prognostico, lesti lesti e con una leggerezza meravigliosa, profittando dello sbalordimento generale prodotto dallo scampanìo della chiesa, dal frastuono di tutte le campane della città e dal fracasso assordante dei fuochi, cucivano insieme con del refe fortissimo sette o otto tra uomini e donne. Quand'era finito lo "scoppio del carro" e che tanti poveretti volevano uscir di chiesa per andare a rivederlo al Canto de' Pazzi, trovandosi cuciti a quel modo, né potendosi muovere, facevan rider tutti, per trovarsi imbrogliati né sapendo come fare a scucirsi.
E di questi gruppi ce ne erano assai, ed era curiosissimo l'effetto, perché più qua e più là per la vasta chiesa dal movimento della gente si indovinavano ridere, dallo sghignazzare, e dal piagnucoloso rammaricarsi delle vittime ed il brontolare dei vecchi che non potevan tollerare quella sconcezza in Duomo, il far tutta quella pubblicità, e quello scandalo nella casa di Dio, specialmente durante una funzione così solenne come quella.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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