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      L'ammirazione dei campagnoli era più specialmente per quelle due paia di bovi bellissimi, tutti bianchi e alti che parevan montagne, come diceva il popolo nel suo gergo espressivo. Quei bovi avevan le moscaiole rosse di striscie di panno e fiocchetti, eran tutti infiorati; le gualdrappe avevan rosse, come cavalli di generali.
      Dopo il Duomo, il carro andava a finir di bruciare i fuochi al Canto de' Pazzi, dove una gran parte della folla vi accorreva. E finalmente al tocco si riattaccavano i bovi e si riportava in Via Borgo Allegri, e fino a quell'altr'anno, se Dio vuole, non se ne parlava più.
      Il caporale e i dieci soldati che avevan prestato servizio, respiravano allora con tanta soddisfazione, come se il carro l'avessero levato a loro di sullo stomaco. I soldati tornavano a casa Pazzi dove trovavano apparecchiata per essi una tavola alla quale se ci sedevano volentieri e' è da figurarselo. Il desinare di prammatica che si dava loro, consisteva in una minestra di paste sui ceci, ceci conditi, una gran tegamata di baccalà in zimino, cacio pecorino e mezzo fiasco di vino a testa. Così rifocillati, il caporale andava a ringraziare il computista della famiglia, il quale a nome di essa gli consegnava una lira per ogni soldato ed il doppio per lui.
      Quei soldati, dopo aver mangiato e bevuto ben bene, non sentendo più la fatica, e trovandosi anche una lira per i vizi, avrebbero desiderato uno scoppio del carro a vita.
     
      Pasqua di Resurrezione poi era giorno veramente solenne. Il Granduca faceva invito di tutta l'anticamera in abito di gala per assistere in Santa Maria del Fiore, alla gran messa con benedizione papale.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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