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      La scena più caratteristica e curiosa, era quando i frati di Monte Oliveto, dall'altra parte dell'Arno uscivan sul prato, e di lassù davan la benedizione a coloro che eran a mangiare sull'erba. Molti che li scorgevano s'inginocchiavano, e dopo benedetti bevevan come spugne.
      A mezzogiorno le stupende, le fantastiche Cascine parevano un grandissimo accampamento: l'effetto di tutta quella gente seduta alle tavole all'ombra dei secolari frassini, degli olmi antichi e delle quercie; e delle brigate attorno alle tovaglie stese per terra, che mettevan la nota stridente del bianco fra quel verde cupo e a quel mezzo buio del bosco, era d'un effetto novissimo, e tale che non ci s'immagina.
      Per l'immenso spazio si sentiva un ciarlare, un ridere, un chiamare, un questionare da non averne idea. Era un frastuono che si udiva da lontano.
      Molti che avevano alzato un po' il gomito, si sdraiavano sull'erba e dormivano meglio che a letto, mentre altri cantavano, o improvvisavano, o facevano all'amore, o raccontavano i fatti degli altri, dicendo male di quanta gente conoscevano, come avviene dovunque, perché tutto il mondo è paese.
      Dopo le tre, la scena cambiava aspetto.
      Una compagnia di granatieri in gran tenuta si recava al Palazzo per il servizio d'onore, poiché alle quattro arrivava il Granduca con tutta la Corte. La folla allora lasciava le tavole, e si aggruppava nei viali per godere lo spettacolo del corso di gala, che riusciva forse il più bel corso dell'anno, al quale oltre ai Sovrani vi prendevan parte tutti i signori di Firenze.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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