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      Il Lachera veniva spesso richiamato dal Commissario del Buon Governo per le sue allusioni al Granduca, in specie quando lo vedeva passare in carrozza: il Sovrano portava la tuba, e il Lachera, figurando di vendere certi dolci che avessero quel nome, aveva il coraggio di dirgli sul viso: Babbalocchi a cilindro! Detto che rimase poi famoso.
      Dopo la processione di San Giuseppe cominciava la baldoria delle cene e delle ribotte nelle conce, dov'erano apparecchiate le tavole anche nella strada, ed alle quali sedevan famiglie intere, che in quella circostanza si riunivano come per Pasqua, a mangiar le lonze, il piatto di rito dei conciatori. Le donne eran tutte ingioiate e si credevano tante signore; ma quando aprivan bocca facevan cascare il pan di mano. Molti ritrovi e conviti peṛ avevan luogo nelle case; e dalla via si sentivan le risate ed il chiasso: tutte le finestre, con le impannate o coi vetri impiombati, apparivano illuminate dalle candele di sego, che mescolavano il loro odore nauseante a quello delle lonze e delle conce, che appestava strade e case. Eppure mangiavano e bevevano allegramente, e i ciechi andavano là a cantare certe storie che oggi non si sopporterebbero nemmeno per penitenza, e che allora fruttavano ai cantori bicchieri di vino, pezzi di pane ed avanzi delle cene, coi quali si spacchiavano come papi.
      Una festa dello stesso genere, anzi, uguale addirittura, era per San Rocco, il 16 d'agosto nei Camaldoli di San Frediano, dove quei ciani invece di lonze mangiavano ́ maccheroni, con lo stesso apparato e la medesima allegria beceresca.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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