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      Ma non c'era bisogno di minaccie; bastava quella di dover pagare, alla quale un contadino non è mai sordo! Il Granduca con tutta la Corte ed il seguito, con treno di gala preceduto da due battistrada, scortato da otto guardie nobili e due cavallerizzi "di sportello," arrivava un po' prima della corsa; e trattandosi di uno spettacolo quasi equestre, si vestiva da colonnello di cavalleria austriaca, con l'uniforme bianca a faldine gallonata d'oro alla pistagna e alle maniche; pantaloni a coscia, stivaloni alla scudiera e l'elmo con la cresta dorata e con tanto di patacca con l'aquila a due teste sullo zuccotto. Lui credeva di fare un certo effetto: ma quell'elmo benedetto, portato all'indietro, lo rovinava. Sarebbe stato meglio vestito da frate!
      Le persone di servizio dei Sovrani, con biglietto del maestro della Real Casa, andavano a godere il palio nel palco di Corte, lasciando libero lo spazio riservato ai paggi ed ai loro precettori. Le cameriste e persone non nobili, munite dello stesso biglietto, andavan sulla terrazza del magazzino dei foraggi e alle tre finestre della casa Puliti. Gli altri uffiziali e serventi, nel palco della Comunità.
      L'onore maggiore però, in seguito, era fatto all'architetto Baccani, poiché il Granduca ogni anno lo faceva avvertire che avrebbe mandato in casa sua, per veder la corsa, i piccoli Arciduchi, non tanto perché il palazzetto Baccani rimaneva nel più bel punto della piazza, quanto perché di lì la Granduchessa ed il Granduca li vedevano benissimo dal loro palco dinanzi alla loggia di San Paolino.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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