Quasi tutte le barche erano apparecchiate e piene di persone, che mangiavano e bevevano allegramente, ed a cui pareva d'essere in un altro mondo, tanto erano strane coteste cene nell'acqua, tra i lumi, i canti ed i suoni. Tutti bevevano a più non posso, buttando via via i fiaschi vuoti nell'acqua.
Per qualche anno la più bella barca che superava le altre della aristocrazia, era quella del principe Poniatowski, che, per il solito, sopra due barconi faceva costruire una sala tutta parata di stoffa con baldacchino e lumiera, con una larga tavola nel mezzo, ove sedevano varii commensali, ai quali veniva servita una lautissima cena.
Era un improvvisare e un cantare versi dappertutto, pur troppo, di Dante e del Tasso; quest'ultimo, però, era il preferito, col solito canto d'Erminia senza contare i fanatici della Pia de' Tolomei, e della morte del conte Ugolino. Insomma fra chitarre, tamburi, tromboni, urli e schiamazzi, pareva che quel tratto d'Arno fosse il paese di Cuccagna. Si vedeva la gente felice, che godeva, sicura dalle carrozze, ma non da qualche cozzo di barca o da qualche remata, e che non aveva il fastidio enorme del nauseante puzzo del sego delle padelle, che se lo godevan tutto coloro che passeggiavano nel Lungarno. Ma più di essi lo gustavano fino alla ripugnanza i granatieri, i quali, afflitti dall'alta uniforme, perché quel giorno era gala, col morione di pelo da far venire una congestione, il fucile di venti libbre, la giubba con una pistagna alta sei dita, che fu paragonata a un mattone per coltello, la giberna e la baionetta a tracolla incrociate, contavano anche i minuti per arrivar più presto alla fine di quella gazzarra che gli altri si godevano, non restando a loro che a far come i topi degli speziali; poiché i soldatoni avevano il dolce incarico di stare schierati lungo le sponde, per impedire che la gente vi si affollasse e togliesse la visuale, e, al tempo stesso, perché non accadessero disgrazie ai curiosi se si affacciavano alle spallette col rischio di sentirsi avvampar la faccia dalle fiaccole delle padelle.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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