Il Granduca e la Corte andavano a vedere i fuochi al Casino de' Nobili presso Santa Trinita, in un palco appositamente eretto fuori delle finestre terrene, occupando più della metà del Lungarno e producendo uno strettoio tale, che la gente s'ammazzava per passare, facendo sudar sangue a quei disgraziati granatieri, che stavano attorno al palco a far da muraglia e da ornamento. Quando tornavano alla caserma, eran più morti che vivi!
Al Ponte Santa Trinita c'era un segno bianco per indicare che nessuna barca potesse oltrepassare quel limite durante i fuochi, per goder l'effetto dei quali la folla dei contadini che non avevano assistito alla corsa de' cocchi, si pigiavano fin dalle due dopo mezzogiorno sul Ponte Santa Trinita e nel Lungarno, stando a cuocere a quel sole scottante, capace di far morire tutti d'un accidente, fuorché, a quanto pareva, quei villani. Il bello si era però che a cotesta povera gente, toccava, secondo il solito, a scappare, allorché il Granduca si recava al Casino de' Nobili un quarto prima delle nove; perché il drappello dei dragoni sgombrava di carriera il ponte, affinché le carrozze potessero passare liberamente. Bisognava vedere la confusione di quel momento; sentire gli urli delle donne, le grida di chi si perdeva e non trovava più coloro coi quali erano insieme, per farsi un'idea di ciò che dev' esser l'inferno nei giorni di maggiore affluenza!
E finalmente s'incendiavano i fuochi, che destavan sempre le meraviglie dei fiorentini, e facevan rimanere a bocca aperta la gente del contado, che dimenticava allora tutti i patimenti sofferti, come accadeva ogni volta che venivano a Firenze.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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