Dopo il Duomo, andaron lesti a San Marco, prima che fosse finita la funzione; e levata la corona di capo alla Madonna la misero in capo ad una meretrice, che fu portata in trionfo per la chiesa e per le vie della città, facendole ala coi ceri levati di sull'altar maggiore.
In altre chiese furon levati di mano ai preti i turriboli, e invece d'incenso vi fu buttata dell'assafetida che appestava la chiesa.
Un altro branco di quei birbaccioni, a Santa Maria Novella, oltre all'inchiostro nelle pile, diedero l'andare a un branco di capre che si messero a fuggire tra la folla dei devoti, assestando cozzate senza pietà né misericordia, ferendo gravemente molti disgraziati.
Sarebbero infiniti i sacrilegii che si potrebbero raccontare, avvenuti nella notte di Ceppo dei tempi antichi, quando il popolo era in preda ad una corruzione e ad una depravazione da non averne idea.
Nei tempi più prossimi a noi, cioè sotto il Granducato di Ferdinando III e di Leopoldo II, la notte di Ceppo non era che la festa dei buontemponi, è di coloro che non volevan rinunziare ad un divertimento notturno, fosse pur quello di una messa cantata.
Prima di tutto, per la vigilia di Ceppo si cominciavano a veder per le strade di Firenze i fattori dei conventi delle monache col grembiule davanti per non dare scandalo, andare a portare i dolci preparati dalle medesime per i benefattori del monastero, i quali sapevan pur troppo che esse "danno un aghetto per avere un galletto" come corre il dettato.
Si cominciava pure a vedere un insolito movimento per il continuo arrivo di contadini e di procacci, che portavano ogni sorta di regali spediti dai parenti o dagli amici lontani.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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