Per la maggior parte eran capponi, agnelli, caccia, fiaschi di vin santo o d'aleatico, la ghiottoneria del giorno di Ceppo d'allora, e che oggi non si usa più, e non è squisito come quello.
La mattina, sempre della vigilia, intorno alla colonna di Mercato si vedevano un'infinità di venditori, che non facevan che urlare e vociare: "Un bè paio di capponi!" Pareva addirittura una fiera, tant'era assordante il frastuono che aumentava a causa dei soliti ragazzi di strada i quali si divertivan di nascosto a strappar le penne della coda ai capponi, che strillavano come dannati. E siccome quegli strilli avvertivano i contadini e i trucconi della bricconata dei ragazzi, quando ne potevano agguantar uno eran pedate, pugni e scapaccioni da levar loro la voglia per sempre di provarsi un'altra volta. Tale baldoria durava fino al giorno dopo desinare; ma per tutta la mattina, dalla Colonna, non si poteva passare altro che a furia di spinte, tanta era la gente che andava li per comprare il cappone da regalarsi alla maestra dei figliuoli o al medico di casa, come allora usava, guardando però che non fossero tanto grossi e più magri che fosse possibile, per spender meno, poiché a molti dava noia un'usanza che urtava tanto la tasca!
La sera la gente andava in Mercato per veder la mostra delle botteghe, rimanendo estatica dinanzi a quelle che, a mal agguagliare, parevan tante gallerie.
Quando poi alle dieci cominciavano a suonar le campane delle chiese per la messa di notte, le strade si ripopolavano per andare al Duomo, a Santa Maria Novella, a Santa Croce, a San Lorenzo, a Santo Spirito e alla Santissima Annunziata, nella quale accorreva più gente che altrove, perché lì la messa era in musica e pareva un teatro invece di una chiesa.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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