Al contrario di quelli di San Firenze, si distinsero i frati di Santa Croce e quelli d'Ognissanti, distribuendo a coloro che rimasero nelle loro chiese senza potere uscire perché l'acqua alzava più di due braccia, tutte le provvisioni delle quali disponevano e quelle che la carità pubblica aveva loro "elargite per la propria sussistenza."
Leopoldo II con la famiglia si trovava tuttavia alla villeggiatura di Poggio a Caiano. Svegliato nella notte dal 2 al 3 novembre dalle grida di tanti miseri, che avevano abbandonate le loro case "fuggendo la prepotenza dell'acque nell'orror della notte," fece ricoverare nella regia villa molte famiglie, provvedendole di vesti, di alloggio e di vitto. Ed egli stesso, la mattina, in una barca, sebbene con molto disagio e pericolo, volle recarsi a Prato essendo anco quella città allagata e fin là tutt'un esteso piano d'acqua dalla quale uscivan fuori i rami degli alberi, che con molta cautela e pericolo bisognava scansare.
Incoraggiata con la sua presenza la popolazione di Prato, distribuiti soccorsi e dati ordini per sollevare tante miserie nel modo migliore che per il momento si poteva, volle tornare a Firenze a cavallo, col soprabito fradicio intinto per la incessante pioggia e una gran tuba bigia, che era diventata a striscie, per il pelo allumacato.
Il Comune istituì subito una "Commissione civica" per raccogliere soccorsi d'ogni genere a pro dei danneggiati più poveri, e le somme in danaro raggiunsero la egregia cifra di 260 mila lire.
A ricordo di questo terribile avvenimento, il Municipio fece apporre delle liste di bronzo in vani punti della città per indicare fin dove era arrivata l'acqua d'Arno nel 3 novembre 1844.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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