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Tali persecuzioni, che si facevan senza rumore e alla chetichella, provocavano scritti clandestini sui muri della città e pubblicazioni alla macchia, poiché la censura della stampa era stoltamente rigorosa.
E toccando anche questo tasto nella petizione presentata da Bettino Ricasoli, vi si affermava francamente che "quanti più saranno i giornali onesti e gravi, i libri meditati e interessanti il presente, tanto meno saranno i cartelli, le stampe clandestine, e le infamie che hanno per carta le muraglie e per penna, il carbone."
E ribattendo questo chiodo nella seconda petizione unita alla proposta di legge per la libertà della stampa, presentata essa pure dal barone Ricasoli e compilata insieme col Salvagnoli, nel 27 marzo 1847, così si concludeva: "La Toscana anche in ciò potrebbe far meglio degli altri paesi; poiché qui non essendo sproporzione di fortune, manca la causa degli odii tra classe e classe; qui essendo mitezza di costumi, non vi è da temere il furore delle parole; qui essendo la istruzione e la urbanità diffuse, è da aspettarsi una discussione non passionata, ma tranquilla.
Quindi è, che se altri principi hanno fatto leggi sulla stampa prima del nostro, il nostro potrebbe farle migliori e più efficaci."
Noi viviamo, diceva la Prima petizione, fra i rottami di tutti i tempi e di tutti i regni. Siccome tutti hanno fatto e disfatto, e niuno ha fatto o disfatto compiutamente, vi sono insieme i resti del vecchio e i principio del nuovo, senza che vi sia un edifizio intero, una macchina governativa formata di tutti i congegni necessari al miglior moto, fatta con un disegno solo, attivata dalle vere forze motrici, retta metodicamente nella sua azione, non impedita da attriti.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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Bettino Ricasoli Ricasoli Salvagnoli Toscana
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