Fu quasi un avvenimento, non tanto per l'importanza del dono, quanto per l'uomo a cui era destinata, il nome del quale era simbolo di libertà.
Nel granduca Leopoldo II e nei suoi Ministri, mancava l'intelligenza e l'ardire di opporsi alla corrente che minacciava di portare alla rovina, piuttostoché alla via del vero progresso e delle riforme liberali.
Chi più di tutti consigliava e spingeva la canaglia a trasmodare per svisare gl'intendimenti del popolo, erano, al solito, i sanfedisti ed i codini, i quali lavoravano a tutt'uomo, nella speranza che le cose giungessero all'eccesso, per tornare all'assolutismo del passato, e poter vedere finalmente per le vie di Firenze gli amati tedeschi.
Ma la corrente, per il momento, travolse anche loro, come trascinò il Governo e lo stesso Granduca; il quale nel 4 settembre 1847 fece pubblicare il memorabile editto, controfirmato dal primo ministro Cempini, che cominciava con queste parole:
Noi Leopoldo II ecc., animati sempre dal più costante attaccamento al benessere generale della Toscana, e persuasi della utilità e convenienza di creare una Guardia civica che concorra a mantenere la pubblica quiete e sicurezza; sull'unanime parere dei componenti la R. Consulta di Stato, e sentito il nostro Consiglio, ordiniamo quanto appresso:
È istituita nel Granducato la Guardia civica la quale dichiariamo dovere essere riguardata come Istituzione dello Stato."
Tutti gli altri articoli dell'editto non erano che un fervorino - dal quale trapelava parecchia paura - per infondere nei fedelissimi sudditi della Guardia civica il sentimento del dovere e del rispetto alle leggi, delle quali la prelodata guardia era la tutela e la garanzia.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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