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      E ciò per ricambiare la fiducia che in essi aveva riposto il loro "Principe e padre."
      Il timore che quei militi potessero servirsi delle armi ad altro scopo, era affatto puerile, perché se non facevano alle bastonate, coi fucili che vennero loro dati non potevan far altro. Ma la gioia dei cittadini fu tanta, la contentezza in tutti fu tale, che nessuno finiva nemmeno di leggere il manifesto.
      Prima che questo fosse affisso, l'attesa notizia della istituzione della Guardia civica la diede il marchese Cosimo Ridolfi. Uscendo egli nel pomeriggio da Palazzo Vecchio per andarsene a casa, quando passò di Via Por Santa Maria fu accerchiato da molti giovani che frequentavano il Caffè Ferruccio, difaccia a Via delle Terme, che allora era il ritrovo delle "teste calde," e gli domandarono ansiosamente se il Granduca si era piegato al desiderio del popolo. Il marchese Ridolfi rispose di sì, e fece capire che la Guardia civica poteva considerarsi come istituita. La notizia consolante si sparse in un attimo per la città e tutti aspettavano trepidanti il desiderato editto. E quando verso sera fu affisso il manifesto nei varii punti della città, fu incorniciato di lauro, tanto era sincero l'entusiasmo dei cittadini di tutte le classi.
     
      Quel sabato sera parve festa: si popolò ad un tratto la città di gente, che sentiva il bisogno d'accomunarsi, di manifestare la propria gioia. Uomini e donne, e perfino ragazzi, avevano delle coccarde bianche e rosse improvvisate; e per le vie era un parlare concitato, un applaudire al Principe, un salutarsi fraternamente anche senza conoscersi, un inneggiare alla libertà, parendo al popolo di risorgere a nuova vita.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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