La Granduchessa, essendo nel puerperio, si contentò di stare a vedere e farsi vedere dietro ai vetri di una finestra. Forse era la meno entusiasta di tutti.
Un aneddoto curioso ma autentico fu l'imbarazzo in cui si trovarono a Corte, perché in Palazzo non esisteva una bandiera dello Stato!... Lì per lì, siccome il Granduca aveva avuto la luminosa idea di volerla sventolare dal terrazzino, come corrispondenza dei suoi sentimenti con quelli del popolo, fu provveduto disfacendo in fretta e furia una cappa magna di cavaliere di Santo Stefano, che era rossa, dalla quale ne fu levato un telo il quale unito con gli spilli a un altro bianco, venne improvvisata la bandiera che legata con dei nastri ad un'asta, il Granduca, in mezzo al delirio universale, la sventolò ripetutamente e quindi la calò a chi stava di sotto.
Tutto sarà facile descrivere, fuorché quel momento d'ebbrezza, di esaltazione e di giubbilo di un popolo intero. Lo stesso Granduca ne fu commosso, ed aveva le lacrime agli occhi; giù tra la folla la gente piangeva di tenerezza senza sapersi frenare. Era una cosa novissima, uno spettacolo non mai veduto. Tutti subivano un fascino strano, al quale non potevan sottrarsi.
Intanto un Comitato composto del professore Ferdinando Zannetti, del professore Giorgio Pellizzari, del marchese Ferdinando Bartolommei, del cavalier Luigi Mannelli, dell'avvocato Antonio Mordini e di Pasquale Benini, salì alla reggia per rassegnare al Granduca i sentimenti di riconoscenza dei sudditi.
Il Comitato fu ricevuto con vera soddisfazione dal Sovrano, che gradì l'indirizzo di ringraziamento che gli venne presentato per la istituzione della Guardia civica, che sarebbe stata "il più valido sostegno di tutte quelle riforme che dovevan far prospero ed a nessuno secondo il nostro paese.
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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze 1899
pagine 714 |
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