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      I fiorentini plaudirono a questo nobilissimo atto, perché l'entusiasmo per la libertà dei popoli non conosceva quasi più limiti. Ma oramai era decretato che tutte le belle speranze concepite, tutto l'entusiasmo e la fede nell'avvenire della patria e nella costanza e fermezza del principe, andassero presto in fumo.
      Infatti, dopo il rovescio di Novara, gli austriaci imbaldanziti ripresero il sopravvento: il Granduca dopo tutti i suoi discorsi, dopo le ricompense ai valorosi di Curtatone e Montanara che si eran battuti contro l'Austria per la libertà e l'indipendenza d'Italia, dopo il giuramento fatto in Palazzo Vecchio, dicendo che quello non era da ritenersi come lettera morta; un bel giorno lasciò banco e benefizio, scappò a Siena e di lì a Gaeta dov'era il Papa col Re di Napoli.
      Si istituì allora il famoso governo provvisorio Guerrazzi, Mazzoni e Montanelli; e fu proclamata la repubblica coi relativi alberi come cinquant'anni innanzi, a tempo dei francesi. Avvenne poi il famoso tumulto fra i livornesi, partigiani del loro concittadino Guerrazzi, che si rivelò insufficientissimo uomo di stato, quant'era ardente patriotta e illustre scrittore. Quel giorno nefasto in cui nelle vie di Firenze livornesi e fiorentini fecero alle fucilate, fomentò nuovi disordini. Il Comune badava a far premure presso il fuggiasco Granduca poiché la presenza del Sovrano nella capitale dello Stato in tempi così gravi era sempre più necessaria; ma senza risultato.
      Fin dal 24 febbraio 1849 il Comune si era messo in aperto contrasto col governo provvisorio, che aveva promulgato lo stato d'assedio, prendendo la seguente energica deliberazione: "Visto il Decreto del Governo provvisorio Toscano de' 22 corrente col quale viene promulgata la legge militare e viene sottoposta ad un Tribunale di Guerra la generalità dei cittadini;


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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