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      Ciò che però finì di sdegnare il popolo contro il Granduca, fu il fatto, che essendosi egli recato a Milano ad ossequiare l'imperatore d'Austria, ed avendogli questi annunziato che aveva istituito un nuovo reggimento di dragoni chiamato in omaggio a lui "Granduca di Toscana," Leopoldo II accettò ringraziandolo. "Ve li manderò a Firenze" disse poi l' Imperatore e mantenne la promessa. Quando quei dragoni furono in marcia per venirvi davvero, il Granduca vestito da colonnello del nuovo reggimento, andò ad incontrarlo per la strada bolognese; e giunto al Pellegrino s'incontrò nei due soldati di punta, come si diceva nel gergo militare d'allora, mandati dal Comandante per avvisarlo quando avessero veduto il Granduca. Essi infatti appena lo scorsero, voltarono i cavalli e tornarono indietro di carriera. Il Comandante allora, che si trovava alla Pietra, per fare sfoggio di bravura, ordinò a tutto il reggimento il galoppo, e venne giù per la scesa a rotta di collo, per fermarsi poi di botto dinanzi al Granduca. Leopoldo II che non se l'aspettava, impaurito badava a far cenni perché si fermassero, credendo d'esser travolto da quel turbine umano, dicendo nel tempo stesso all'aiutante di campo che aveva accanto: "Cervini, che cosa facciamo?..." e tirava il cavallo da parte più che poteva.
      Frattanto il colonnello dei dragoni austriaci, giunto a pochi passi diede il segnale, e tutto il reggimento si fermò ad un tratto. Il Granduca si sentì sollevato; e pieno d'entusiasmo, con la sua abituale facondia, pronunziò queste commoventi parole: "Ben arrivati!


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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