Hanno invece un volume proprio, e si oppongono anzi energicamente contro le forze che tendono a diminuirlo, cosicchè si potè ritenere, per qualche tempo, che essi fossero addirittura incompressibili. In realtà la loro comprimibilità è così piccola da sfuggire all’osservazione, non ricorrendo a cautele particolari; l’osservazione è resa malsicura e difficile dal fatto che il recipiente, in cui il liquido è contenuto, prende parte alla deformazione, e occorre separare dall’effetto totale la variazione di volume propria del primo. Serve a tal uopo il piezometro (fig. 35) nel quale l’ampolla A, contenente il liquido da esaminare e costituita di vetro non troppo spesso, è immersa in un recipiente più grande B pieno d’acqua e comunicante col cannello sottile G; anche l’ampolla A finisce in un cannello C uguale di diametro a G, e attraverso al quale può esercitarsi, per mezzo di un gas compresso, una pressione sulla superficie libera visibile nel cannello medesimo. In conseguenza di questa pressione il livello del liquido scende in C; ma per la contemporanea dilatazione del recipiente A, una certa quantità di acqua del recipiente viene B spinta nel cannello G; lo spostamento in C è maggiore dell’inalzamento in G, il che prova che il liquido di A ha veramente subito una diminuzione di volume, misurata dalla differenza delle due colonne liquide. I livelli riprendono esattamente la posizione di prima al cessare della pressione, dimostrando così che i liquidi non soffrono variazioni di volume permanenti.
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