Sperimentalmente il fenomeno della risonanza può essere dimostrato mettendo in presenza due corde tese, e accordandole all’unisono. Sull’una si disporranno dei pezzettini di carta a cavalcioni, e si pizzicherà l’altra col dito. La prima entrerà tosto in vibrazione, come è provato dal fatto che i cavalletti di carta saltellano vivamente; invece essi restano sensibilmente in quiete se si altera l’altezza del suono di una delle corde, col modificarne per esempio la tensione, e si disturba quindi il sincronismo.
Un’altra esperienza molto istruttiva è la seguente. Avvicinando un diapason a una provetta piuttosto lunga (fig. 94) il suono del primo sarà, in generale, rinforzato in modo appena sensibile. Ma se si versa dell’acqua nella provetta in modo da ridurre la lunghezza della colonna d’aria in essa contenuto, a un certo punto il suono viene fortemente rinforzato. Accorciando ancora la colonna l’effetto torna a sparire.
Or nelle condizioni per cui il suono è rinforzato è facile dimostrare che la colonna d’aria ha un suono proprio identico a quello del corista, come si può provare, in certa guisa, soffiando contro l’orlo del tubo, ma come è più esattamente dimostrato dalle seguenti considerazioni.
Una colonna d’aria, come quella contenuta in una provetta, può esser sede di onde stazionarie, come una corda, per la composizione delle onde che scendono con quelle che risalgono dopo la riflessione sul fondo. Ma mentre nel caso della corda potevan formarsi solo quelle onde stazionarie che consentivano la produzione di due nodi agli estremi, nel caso del tubo possono stabilirsi solo quelle cui spetta un nodo nel fondo, ove l’ultimo strato di aria non può vibrare, e un ventre all’estremo aperto, ove l’aria può oscillare liberamente.
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