Lo studio della dilatazione può esser fatto in due condizioni particolarmente semplici: si può cioè lasciare invariata la pressione cui il gas soggiace (dilatazione a pressione costante) e misurare le variazioni di volume per il riscaldamento; oppure costringere il gas a conservare invariato il volume primitivo, aumentando convenientemente la pressione, e misurare la nuova pressione (dilatazione a volume costante).
Nel primo caso vale una legge, detta di Gay-Lussac, per la quale il coefficiente di dilatazione è all’incirca 1/273 per tutti i gas. Ponendo cioè, come nella (3),
Vt = V0 (1 + (alpha) t) (5)
si ha per tutti i gas, sensibilmente,
(alpha) = 1/273 = 1,003655 (5 bis)
In realtà i valori di (alpha) si allontanano alquanto dal valore suddetto, specialmente per i gas che possono facilmente liquefarsi, cioè per quei gas che, come vedemmo, si allontanano alquanto dal comportamento richiesto dalla legge di Boyle. Il seguente specchietto serve a dare un’idea di queste deviazioni dalla legge di Gay-Lussac:
alphaIdrogeno 0,003661
Aria 0,003670
Anidr. carbonica 0,003710
Anidr. solforosa 0,003903
Cianogeno 0,003877
Quando il gas è costretto a conservare un volume costante, aumenta di tensione, proporzionalmente alla tensione iniziale e alla temperatura. Chiamando quindi coefficiente di tensione l’aumento di tensione dell’unità di tensione per il riscaldamento di 1°, si può dimostrare, con un procedimento analogo a quello seguito per stabilire la formola (1), che tra la pressione Ht a t° e la pressione H0 a 0° sussiste la relazione
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Gay-Lussac Boyle Gay-Lussac
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