51). - Si fa cadere sulla faccia AB, con incidenza normale, un raggio S, che penetrerà perciò senza deviazione entro il prisma; giunto in E dovrebbe uscire nell’aria; ma formando con la normale EN alla nuova superficie rifrangente un angolo di 45°, ed essendo per il vetro l’angolo limite eguale a circa 42°, il raggio si rifletterà totalmente in AC, e uscirà secondo ER, come se la faccia AG, anzichè di aria, fosse coperta dal più perfetto dei metalli speculari.
L’angolo limite, per quanto si è detto, è l’angolo di rifrazione corrispondente a un’incidenza di 90°; chiamandolo (alpha) la formola (1) ci dà:
n = (sen 90)/(sen alpha) = 1/(sen alpha)
da cuisen alpha = 1/n
questa formola permette di calcolare (alpha) quando si conosca l’indice di rifrazione n.
46. Rifrazione attraverso a un prisma. - Un mezzo rifrangente limitato da due facce piane AB, AG (fig. 52), e da una superficie qualsiasi BG, dicesi in Ottica prisma. Un raggio luminoso come SI, di un sol colore, devia alla prima faccia, prendendo la direzione IR; e uscendo dalla seconda faccia subisce una nuova deviazione secondo RT che, come la prima, lo allontana dal vertice A. La deviazione totale del raggio è misurata dall’angolo d; l’angolo i dicesi di incidenza, l’angolo e di emergenza.
La deviazione d muta inclinando diversamente, rispetto alla faccia AB, il raggio incidente SI; e si dimostra che essa acquista il più piccolo valore quando l’angolo i è eguale all’angolo e, e perciò quando il raggio IR entro il prisma è normale alla bisettrice dell’angolo A, ovvero il triangolo AIR è isoscele.
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Ottica
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