Queste correnti furono appunto trovate dal Faraday, che le chiamò correnti d’autoinduzione, o estracorrenti di chiusura e d’apertura.
In virtù dell’estracorrente di chiusura, la corrente, dopo chiuso il circuito, non raggiunge istantaneamente il suo valore normale, dato sempre dalla legge di Ohm, ma monta più o meno lentamente, secondo che è maggiore o minore il coefficiente d’autoinduzione. La forma della corrente di chiusura è all’incirca quella della fig. 154; e il valore finale OA viene praticamente raggiunto nei casi ordinari, dopo una molto piccola frazione di secondo. Solo per certi elettromagneti molto potenti il periodo variabile corrispondente al tempo OB, può divenire di alquanti minuti secondi, per l’elevatissimo valore del coefficiente d’autoinduzione.
Molto più complessi sono i fenomeni alla rottura, se questa è ottenuta interrompendo il circuito in un punto. E invero per la rapida variazione della corrente, e quindi del flusso, si crea ai poli dell’interruzione una elevata f. e. m. d’autoinduzione, che stabilisce una specie d’arco luminoso conduttore, o di scintilla, tra i poli medesimi. In ogni caso si ha per effetto che la corrente, invece d’annullarsi bruscamente, decresce secondo una curva più o meno ripida. Il caso più semplice è quello in cui, senza interrompere il circuito, si sopprima la pila, facendo un corto circuito tra i suoi estremi. Allora la corrente prosegue, sempre decrescendo, nel circuito; e segue una curva identica, come forma, alla OC, ma rovesciata.
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Faraday Ohm
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