Di tutto ciò si dà esatto conto nella teoria.
Adunque la creazione d’un campo magnetico nello spazio implica l’impiego e l’immagazzinamento d’una certa quantità d’energia, che sarà restituita, come energia di correnti indotte nei circuiti presenti entro il campo, quando questo si annulla, per esempio per soppressione delle pile che intrattengono le correnti generatrici del campo, o per interruzione dei rispettivi circuiti. Si noti però che l’energia spesa per creare il campo viene impiegata solo all’atto della sua creazione, e non ne occorre altra per mantenerlo; il lavoro compiuto nel regime permanente dalle pile serve solo a scaldare i fili percorsi dalle correnti permanenti, mentre l’energia accumulata nel campo resta costante.
Or si dimostra che l’energia intrinseca dell’intero campo creato da un circuito che abbia il coefficiente d’autoinduzione L, e sia percorso dalla corrente i, è data da
(L i^2)/2
Essa viene spesa nello stabilire la corrente, e integralmente restituita nell’estracorrente d’apertura, alla interruzione della corrente medesima.
Da questo punto di vista un circuito percorso da corrente può paragonarsi a una massa in moto; questa richiede un lavoro per acquistare una certa velocità, lo conserva come forza viva e lo restituisce integralmente nel ridursi in quiete. L’analogia è molto più intima e profonda di quel che già apparisce a prima vista. E la proprietà degli elettroni di possedere una massa apparente per virtù del loro movimento, ha appunto per causa il fenomeno dell’induzione.
| |
|