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      In certi casi il carbone negativo, disposto al di sotto, è fisso, e solo il positivo si va abbassando a misura che i carboni si consumano; ciò produce però l’inconveniente di spostare sempre verso il basso il punto luminoso.
      Si hanno quindi degli altri regolatori, detti a fuoco fisso, nei quali vengono contemporaneamente spostati i due carboni.
      Quando si abbia da fare, come è quasi sempre il caso, con un sistema di distribuzione in derivazione o a tensione costante, nessun regolatore è capace praticamente di impedire delle oscillazioni notevoli nell’intensità e, quel che è peggio, delle intensità elevatissime nell’istante in cui i carboni vengono in contatto.
      A tal fine si dispone in serie con la lampada una resistenza metallica, detta resistenza addizionale, la quale, aggiungendosi alla resistenza bruscamente variabile dalla lampada, limita le oscillazioni dell’ intensità. Effettivamente la pratica le ha riconosciuto di grandissima importanza sulla regolarità di funzionamento della lampada.
      Naturalmente la resistenza aggiunta obbliga a ricorrere a una tensione superiore a quella che basterebbe per la lampada. Così se la resistenza è di due ohm, e la corrente che deve traversare la lampada ha l’intensità di dieci ampére, nella resistenza, per la legge di Ohm, si ha una perdita di tensione di 20 volt; e quindi se la lampada richiede 45 volta ai morsetti, la tensione totale da impiegare deve essere di 65 volt; pare che non si possa scendere al di sotto di questo valore se si vuole un funzionamento regolare.


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Nozioni di Fisica per le scuole secondarie
Volume 2. Calore - Ottica - Elettrostatica e Magnetismo - Corrente elettrica - Elettrotecnica
di Orso Mario Corbino
Sandron
pagine 345

   





Ohm