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      Fors'anche la lusingava la speranza d'un po' di gratitudine da parte de' suoi connazionali, i quali avrebbero posto in oblio le passate colpe per non ricordarsi se non dei servigi dalla povera plebe resi alla patria. Ma comunque ciò sia avvenuto ed avvenga, è certo che la plebe non partecipa alla politica, che durante gl'interregni e la sua esistenza pubblica dura dalla caduta d'un governo alla proclamazione d'un altro. Ed in quel frattempo e nobiltà, e borghesia e popolo comprendono il loro torto nell'aver dimenticata questa massa abbastanza ingente, cui in quel punto temono soverchiamente, perchè non conoscono e perciò ne esagerano la tristizie e la potenza. Dissi che anche il popolo la teme, perchè nulla ha di comune con questa turba; alla quale non potendo applicare il nome storico di plebe, daremmo di preferenza quello di feccia, quantunque gli uomini delle classi superiori con carità fraterna abbiano trovato moltissimi altri nomi per indicarla, quali, per citare i più conosciuti: marmaglia, plebaglia, popolazzo, popolaglia, gentaglia, bordaglia, bruzzaglia, canaglia, e via dicendo.
      Essa però non è un triste privilegio dei tempi nostri, ma un fenomeno di tutti i tempi, ed ebbe sempre le stesse tendenze le stesse passioni, la stessa natura.
      Tra la Suburra e la Villette e Ménilmontant tra White-Chapel e la via Varese o la via Legnano, o lo stretta Calusca, o il vicolo della Corde, nessuna differenza ci corre.
      E questa turba fu pure in ogni tempo spregiata, giacchè Sallustio ve la dirà cupida sempre di nuove cose, e Machiavelli per natura pronta a rallegrarsi del male.


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Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124

   





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