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      Dev'essere una bella definizione davvero!
      Vagabondi, giuntatori, paltonieri, guidoni, pitocchi, si mescolano insieme a comporre la falange plebea.
      Il plebeo non vive in famiglia; esso ne trova o ne improvvisa una dovunque, sulla piazza come nell'ospitale, nel postribolo come nel carcere. Non curante del domani, non ha una stabile ed onesta occupazione; dalla colpa trae miseramente i mezzi di sussistenza; il caso gli fornisce il vestito, e perciò quando la feccia sbuca in folla da' suoi covili la si vede vestita delle foggie più svariate e bizzarre. Berretti e cappelli, abiti di panno logori e smunti, fusciacche di frustagno, calzoni d'ogni taglio e d'ogni colore, scarpe e brodequins si vedono appaiati in istrana mostra, offrendo anche al più superficiale osservatore tutti gli elementi per tessere una storia delle foggie d'abiti in uso da dieci anni in poi presso la cittadinanza, di cui quella moltitudine è parte ed alla quale essa in modo onesto od inonesto li ebbe.
      Piccole stelle o buccolette azzurrine agli orecchi, anelli in dito, al collo foulards dai colori smaglianti, ecco gli ornamenti ricercati dagli uomini del nostro volgo. Le donne vestono pur troppo con apparente lusso; ma i lembi sfilacciati delle loro seriche gonnelle segnano la distinzione tra queste miserabili e le vere signore.
      Gli uomini sono magri e snelli, piuttosto sparuti; la loro pelle ha un colorito terreo; hanno gli occhi lustri, mobilissimi ed investigatori, ossa zigomatiche assai sporgenti, bocca atteggiata al sarcasmo ed all'insulto, ritengono nel sembiante un non so che di provocante e insieme di spaurito, che rivela la condizione loro di dover sempre camminare per quell'angusto e pericoloso sentiero che separa il delitto dalla punizione.


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Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124