Notisi che l'uomo non è il marito di quella donna, che questa non è la madre dei due fanciulli, e che questi non sono fratelli e sorella, e che nessuno dei due, è figlio nè di quell'uomo nè di quella donna, a cui si sono associati. Questi quattro esseri si trovarono nel mondo, s'accomunarono e però la loro famiglia è più che altro una società anonima, tendente ad impedire che uno di loro muoia digiuno. L'emissione delle azioni è a zero, non hanno spese d'amministrazione, riscuotono e spendono quotidianamente i loro dividendi ed esercitano ogni industria. Per loro tutti i generi sono buoni, eccetto quello che lascia un uomo morir di farne.
Torniamo nella prima stanza, ma prima di abbandonare questa locanda ficchiamo lo sguardo nella stamberga a mano destra. Anche qui buio e fetore. È un sottoscala e vi stanno tre uomini, due dormono sopra una coperta di lana ed uno sulla nuda terra. Accendiamo un fiammifero e vediamo che uno tiene appoggiata la testa sull'avambraccio, fa coll'altra mano visiera agli occhi e sogguarda. Viene interrogato e risponde essere un facchino che viene dalla Valtellina e va a Genova. Il vicino si desta anch'esso, viene interrogato, è un suonatore d'organetto; è di Magadino e va a Corno. Non si conoscono, nè conoscono il loro terzo camerata che è un fruttivendolo di Monluè.
Torniamo a scavalcare il saccone, eccoci nel cortile illuminato dal più bel chiarore di luna, che mai possa desiderare un poeta arcadico.
Ripassiamo l'andito, usciamo dallo sportello, eccoci in via Arena, tranquilla, silente, illuminata direi quasi gaiamente dalla luna.
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