Quando le notti sono aspre o piovose e quei miserabili hanno qualche soldo in tasca, essi vanno a domandare asilo a quelle locande di ultimo ordine che si chiamano garnis à la nuit. Non valgono le parole ad esprimere l'aspetto ripugnante e l'odore nauseabondo di queste stamberghe. Il du Camp dichiara che nella sua vita di viaggiatore lungo le rive del mar Rosso, presso gli Arabi ababdeh del deserto, sotto la tenda dei Beduini della Cele-Siria, nelle borgate dell'Asia minore ha dormito in luogo orribili, sucidi e brulicanti di vermi, eppure non ha mai visto nulla di simile allo spettacolo che presentano questi bugigattoli durante le ore della notte. L'imaginazione dei locandieri è inesauribile, quando si tratta di far tre o quattro camere di una sola, di porre dei tramezzi nei corritoi, di invadere i pianerottoli o di praticare delle nicchie (è la vera parola) propriamente sotto i tetti in stanzini tanto bassi e ristretti da non potervisi penetrare che carponi. Le scale spiombate, le finestre senza imposte, le larghe fessure che solcano i muri danno a queste casupole l'apparenza di ruine. Nelle stanze durante la notte non v'è lume; si cammina a tentoni in mezzo ad una atmosfera grave, nella quale si combinano in un odore insopportabile l'umidità dei muri, il lucignolo spento, la feccia fermentante del vino mal digerito e il sudore umano.
Sopra un materasso, donde esce la lana mista a trucioli, un fascio di abiti logori e strappati si rotola in un angolo, lo si spinge; quello si agita, si alza.
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