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      Il mobilio delle celle, secondo venne stabilito dal Ministero, è costituito da un letto, il quale di notte è spiegato trasversalmente alla cella e di giorno trovasi arrotolato; di due ripiani piani o sgabelli situati in uno degli angoli della cella e di un ripostiglio. Serve di tavola il ripiano infisso nel muro e da sedile lo sgabello mobile.
      Affinchè i guardiani possano durante la notte, portarsi ad ispezionare le inferriate, fu proposto dal Ministero di infliggere nel muro una manetta, appoggiandosi alla quale può il guardiano far entrare una gamba nello spazio che si lascia, dalla parte de' piedi, tra la estremità della branda distesa ed il muro e passare all'altro lato della cella.
      Ogni cella oltre all'avere un cesso inodoro è eziandio provvisto d'acqua a sufficienza. Questa viene fornita da serbatoi collocati nei sottotetti e che vengono giornalmente riempiuti col mezzo di semplici pompe a mano. Da questi serbatoi si diramano dei tubi, che vanno a riempiere tanti recipienti, della capacità ciascuno di litri sei, quante sono le celle. Tali recipienti sono posti tra i rinfianchi del nascimento di ciascuna vôlta e specialmente nelle praticate smussature degli angoli delle celle, e conformati in modo che nel mentre si riempiono con un tubo comune, sono però gli uni dagli altri indipendenti, sicchè quando un detenuto per inavvertenza o studiatamente lasciasse aperto il suo rubinetto in modo da disperdere tutta l'acqua del recipiente a lui destinato, ciò non vada a scapito di altri detenuti e perciò si castiga esso stesso col privarsi per quel giorno del beneficio dell'acqua, oltre a che mette in avvertenza il guardiano, coll'effettuato disperdimento dell'acqua per la cella, in una quantità però che non può mai riuscire a danno del fabbricato, essendo appunto limitata a sei litri, ma bastante per farlo punire.


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Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124

   





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