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      Ma vien finalmente il sospirato giorno della libertà. Colui che deve andare in libertà ed ha denari sul fondo di sussidio, li fa dal guardiano convertire in vino, che beve co' suoi camerata. È il bicchiere della staffa, nè un detenuto di qualche conto vorrebbe privarsi del piacere di festeggiare la propria uscita dal carcere. Un bel mattino si schiude l'uscio della segreta, si chiama quel detenuto, che deve essere rilasciato, tutti gli si fanno attorno a pregarlo di commissioni di ambasciate; egli esce, adempie ad alcune formalità, poi se non deve ricevere ammonizioni dall'autorità di pubblica sicurezza, gli si apre il cancello della guardinna ed eccolo libero.
      Mi diceva un truffatore avvezzo ad uscire dal carcere per rientrarvi poco appresso: "È però sempre una bella emozione. A me fa un certo effetto... Quando sono in istrada mi pare di essere piccino piccino...". Un altro dello stesso stampo mi diceva invece: "In generale nel primo giorno di libertà non si conclude mai nulla. Si va a zonzo, si guarda in aria, si cercano le piazze più larghe per respirare a pieni polmoni, poi si eseguiscono le commissioni date dai camerata, perchè bisogna fare agli altri quello che piacerebbe che gli altri facessero a noi... poi si va a trovare l'amante...".
      Ma perchè non correte prima a rivedere la vostra famiglia?
      l'interruppi io.
      Perchè alcuni di noi non ne hanno mai avuta, altri l'ebbero per loro danno, perchè in famiglia trovarono i primi cattivi esempi, i primi eccitamenti al male, altri perchè le loro famiglie, chiuderebbero loro l'uscio in faccia


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Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124