O misera & infelice Italia, non te n'avedi, che la crapula t'ammazza ogni anno tante persone, che tante non ne potrebbono morire al tempo di gravissime pestilenze, nè di ferro, ò di fuoco in molti fatti d'arme; che fatti d'arme sono i suoi veramente dishonesti banchetti, che s'usano, i quali sono sì grandi, & sì intolerabili che le tavole non si possono far sì capaci, che vi sia luogo, per l'infinite vivande, che sopra vi si portano; onde bisogna metter i piatti l'uno sopra l'altro in monte: & chi potrebbe mai viver con tai contrarij & disordini? Proveggasi per l'amor di Dio, che son certo, che alla maestà sua non sia vitio, che più dispiaccia, di questo: Discaccisi questa nuova morte, anzi non mai più sentita pestilenza, si come è discacciato il morbo, che ove altre fiate faceva tanti danni, hor si vede, che ne fà pochissimi, anzi quasi niuno, per l'uso buono introdotto dalle buone provisioni: che vi è rimedio anchora di discaciar questa crapula, & rimedio tale, che ogn'uno da se lo può usare, vivendo gli huomini secondo la semplicità della natura, la quale ci insegna essere di poco contenti, tenendo il mezzo della santa continenza, & quello della divina ragione, & accostumandosi di non mangiar se non ciò che per necessità del vivere bisogna: sapendo, che quel più è tutto infermità & morte; & che è diletto solo del gusto, il quale passa in un momento, ma lungamente poi dà dispiacer & nocumento al corpo: & alla fine l'ammazza insieme con l'anima. Che ho io veduto morir di questa peste in fresca etade molti miei amici di bellissimo intelletto, & di gentil natura, i
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Italia Dio Discaccisi
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