Dalle allegate testimonianze e d'Aristotele e di Tommaso si vede che l'elemento è corpo; sia pur quanto vogliasi piccolo od insensibile, ma sempre corpo, cotalchè occupi spazio e possa venire in contatto fisico e vero (poichè l'azione in distanza è assurda) con altri corpi ed operare sopra di essi e riceverne la operazione. Vedeano entrambi l'assurdità dell'antiquata sentenza che volea gli elementi a guisa di punti matematici; e sapevano che la difficoltà colta dalla divisibilità all'infinito, la quale muovesi contro la vera sentenza degli elementi estesi, è più acconcia per ispaventare i discepoli che i maestri, poichè è forte in faccia alla imaginazione ed è debole innanzi all'intelletto.(6)
La definizione di Aristotele, abbracciata dall'Aquinate, rimase ferma per ventiquattro secoli, ossia non fu mai essa mutata fino a nostri giorni. I chimici contemporanei l'abbracciano concordemente; perciocchè con unanime consenso affermano che l'elemento è il primo nella composizione dei corpi composti e l'ultimo nella dissoluzione dei medesimi e che in qualche maniera rimane in essi.
Posta questa immutabile definizione filosofica si possono fare due questioni, la prima è quali, la seconda quanti siano gli elementi? Coteste questioni non si possono risolvere adequatamente con gli universali principii filosofici della natura, ma è da ricorrere all'esperienza. Imperocchè il filosofo dà soltanto allo esperimentatore la legge, onde determinare quali siano gli elementi de' corpi, legge che deriva dalla definizione dei medesimi.
| |
Aristotele Tommaso Aristotele Aquinate
|