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      Perchè l'inerte silenzio nè s'uniformava alla sua indole, - nè a' suoi sentimenti ben noti, - nè allo spirito d'indipendenza e di protesta ch'animò di continuo e fino all'ultim'ora il suo spirto. Perch'era ben naturale ch'egli, promotore indefesso di nostra Nazionalità, si desse ultimamente a patrocinare colla nostra l'altrui. Perch'egli insomma trapassava ravviluppato nell'antica bandiera, da lui non rinnegata giammai.
      Ora parmi tempo d'entrare in argomento senz'altro, - non senza premettere ch'egli parla all'Italia lavoratrice che pensa, non già all'Italia inoperosa che ciancia; - senza dimostrare altrimenti l'importanza innegabile d'un documento per sé stesso chiarissimo - accennando i sacri, generosi intenti cui esso mira.
      E pure ristringendomi a riferire i suoi concetti più salienti e più pratici; - col riprodurli inalterati, e rigorosamente, religiosamente attenendomi al testo, - serbando le minutissime, prominenti fattezze dell'originale, - allargherò qua e colà l'involucro che le riveste, toltami questa sicurtà per suo ordine espresso, ma senza arbitrarie interposizioni, cercando per quanto mi sarà possibile, di non istemperare quell'ardite elucubrazioni in un'ampollosa verbosità.
      Elucubrazioni ch'altri reputerà per avventura comuni, o trite, o di poco momento, così scucite e sconnesse come forzatamente pur sono in quest'improvvisata lettera mia; ma che s'acquistano supremo valore e interesse immedesimate nella sua grand'opera. Così se raccogli l'aqua marina nel cavo della mano, essa ti s'appalesa incolore del tutto: ma se, per contro, la osservi nelle grandi masse oceaniche o mediterranee, la ti resulta maestosamente verdognola e azzurra.


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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