Per rimediare alle depresse fortune della gente Romana; - per richiamarla a quella gloria che non avrebbe dovuto mai disertare le sue bandiere, - io non veggo oggi espediente altro migliore che una stretta federazione fra tutti questi popoli fratelli che sia argine all'irruzione del Tedesco minaccioso, nemico nostro comune. Ma il contrastare ad eventuali usurpazioni non basta. Vuolsi anzi tutto affrancare li oppressi: vuolsi riavere le terre nostre usurpate; riaverle senza impazienze precipitate bensì, ma eziandio senza procrastinazioni indefinite. A conseguire lo intento supremo non ci ha via migliore per certo se non fermare una lega sincera e duratura fra Romani e fra Slavi. Hanno per fortuna nostra gli Slavi nemico comune con noi l'Allemanno, ad essi, come a noi, usurpatore di larghissime terre, conculcatore di legittime aspirazioni. Sono essi adunque nostri naturali amici ed alleati. Che più? Gli Slavi di Moscovia hanno nella Gran Brettagna un altro nemico naturale, un'emula accanita, irreconciliabile. Or bene: quest'istessa Gran Brettagna usurpa a noi tutti, gente Romana di Francia, di Spagna, d'Italia, di Grecia molteplici terre nostre sull'Atlantico e sul Mediterraneo. Dove si sarà mai veduta nel mondo lega più naturale o per ambo le parti più proficua, o mossa da cagioni più legittime e sante? Lega finalmente sì fatta e da produrre resultati magnifici d'un'utilità incontestata e incalcolabile sotto tutti gli aspetti?
Qui gioverà di certo spendere alcune parole a chiarire viemmeglio il concetto recondito di lui su le enunciate premesse, ed io m'industrierò di trasfonderlo in queste carte, tanto più agevolmente in quanto non di rado raccolsi dalla sua viva voce il senso sottinteso del pensier suo.
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