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      Necessaria inoltre l'alleanza con Russia.
      Qui sento oppormi: o come può conciliarsi una tale alleanza colla Russia, nazione slava bensì, ma conculcatrice fino a ieri, se non a tutt'oggi, d'ogni libertà politica interna, e sovvertitrice di quelli Slavi per eccellenza che sono i figli della Polonia? O come poteva Garibaldi adunque in buona coscienza sostenere un principio che a primo aspetto pare una mostruosità, un assurdo?
      Non v'è in ciò ripugnanza, nè contraddizione; da ch'egli, saldo e costante nella sua fede antica, non rinnega pur una di quelle dottrine politiche - io le chiamo verità - da lui in tutta sua vita esaltate e professate. Ed egli accetta la Russia tal quale pur troppo essa è oggi, sperando che col nostro contatto - e più col soffio infocato delle idee moderne - essa diventi quello che al fin dev'essere. I suoi concetti, ch'andrò mano mano svolgendo, s'uniformano a tutto quanto il tenore della sua esistenza passata e consuonano assolutamente colla sua indole, colle sue tendenze perpetue, cui egli subordina a' tempi, alle circostanze e all'avvenire di tanti oppressi. Per quanto strana possa risultare a taluno codesta sua teoria politica d'alleanza colla Russia, essa è logica e coerente a' suoi principî antichi del subordinare la libertà all'unità. Forse che la gran figura di Dante Alighieri pare oggi rimpicciolita, meno augusta e veracemente patriottica, perchè il fiero ghibellino agognava Italia governata e infrenata da imperatori romano-tedeschi, alloraquando un'aspirazione sì fatta era legittima ad un'ora, coraggiosa e giustificatissima?


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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